Secoli di condizionamento culturale ci hanno inculcato un disprezzo per la corporeità come sinonimo di abiezione contrapposta ad una spiritualità intesa invece come elevamento e perfezione, creando una dicotomia non ancora superata. Il sesso è stato la vittima principale di un ostracismo che ha fatto dei suoi organi “pudende”, cose di cui vergognarsi, con terminologia latina fino a poco tempo fa ancora in uso.
Un tabù ben più radicato concerne il contatto con tali parti, con prescrizioni forse valide in altre epoche, carenti delle più elementari cure igieniche. Eppure, nel trasporto amoroso nessuna parte del corpo risulta sgradevole, così come per l’amore di un genitore nulla del suo neonato è sgradevole. In passato certe pratiche erano addirittura indicate come proprie degli adoratori del demonio e a loro esclusivamente riconducibili. Pensiamo alla famosa “osculatio ani”, descritto come segno caratteristico di sottomissione al demonio da parte dei suoi adoratori…
Perché tuttavia lo spirituale deve essere superiore al corporale? Perché non è possibile raggiungere un grado di elevamento, di perfezionamento attraverso la corporeità? Noi affermiamo tutt’altro. Una lucida corporeità comporta elevamento intellettuale, di più, un elevamento non solitario ma comunitario, col superamento di ogni solipsismo, fortemente vitale, capace di creare e consolidare profondi legami sociali.